È da apprezzare la scelta del governo che ha creato un dicastero ad hoc sul mare affidato a Nello Musumeci; preoccupa però che la dispersione delle deleghe tra diversi ministeri in materia di porti, di competenza di Matteo Salvini, e di Zes, attribuita a Raffaele Fitto, non favorisca un approccio unitario al problema che invece richiede grande attenzione, visione e tempestività. Oggi 1 porti, quelli meridionali, segnatamente Gioia Tauro, Augusta, Palermo, Catania, Bari, Taranto e Napoli, sono strategici al pari se non più di Trieste e Genova, nella misura in cui l’Italia intenda riappropriarsi del rango che le spetta nel Mediterraneo. Una priorità che, se per noi è vitale, lo è sempre più per l’Europa alla luce non solo delle guerre in corso e dell’emergenza energetica, ma anche per la drastica ristrutturazione e riconversione della globalizzazione.
In questa prospettiva, il fatto che l’economia meridionale contribuisca oggi solo per il 10 per cento all’export nazionale evidenzia quanto poco efficace sia ancora l’attenzione a sviluppare una rete di connessioni con la sponda sud del Mare Nostrum e- ancor di più e da decenni – la capacità di intercettare i traffici che da Suez transitano per il Mediterraneo per dirigersi alle svariate destinazioni sul continente.
Da anni la Svimez sollecita lo sviluppo dell’intermodalità marittima e ferroviaria, che, oltre a giocare un ruolo determinante per la crescita e la connessione coste-zone interne del Mezzogiorno, risulta essenziale per conferire all’Italia la sua naturale centralità logistica di area.
C’è una nostra imperdonabile sottovalutazione dei tanti vantaggi competitivi che potremmo trarre grazie alla nostra posizione. Il Sud ha evidenziato ottime performance nei comparti del traffico marittimo Ro-Ro e container, dimostrando come vi sia un ampio spazio di mercato per il trasporto intermodale e combinato gomma-ferro e gomma-mare di adduzione ai porti meridionali, lungo i Corridoi intermodali marittimi costieri tirrenico e adriatico.
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